“Magnanimo animale
non credo io già, ma stolto,
quel che nato a perir, nutrito in pene,
dice a goder son fatto,
e di fetido orgoglio
empie le carte, eccelsi fati e nove
felicità, quali il ciel tutto ignora,
non pur quest’orbe, promettendo in terra
a popoli che un’onda
di mar commosso, un fiato
d’aura maligna, un sotterraneo crollo
distrugge sì, che avanza
a gran pena di lor rimembranza.”
Giacomo Leopardi, “La ginestra o fiore del deserto” (versi 98-110)
Queste parole, tratte da una delle
opere di Leopardi più famose, possono sembrare intrise di pessimismo, poiché a
quest’autore dell’Ottocento è stata assegnata tale etichetta, ma io
le trovo estremamente obiettive. Ritengo che attraverso di esse ognuno di noi
possa capire e riflettere sulla fragilità degli esseri umani e su quanto la
natura possa distruggerci con facilità.
Siamo nel 2020 e il progresso
dell’uomo ha raggiunto livelli mai immaginabili in precedenza, la nostra sete
di conoscenza ci ha portato a varcare i nostri limiti, a farci sentire padroni
del mondo e al di sopra di ogni altra creatura. Ci riteniamo in un certo senso
invincibili, in grado di prevedere ciò che accadrà, ricerchiamo nuovi pianeti
da conoscere, perché pensiamo che il nostro non abbia più segreti e ci sentiamo
padroni della natura. Nonostante diverse volte nel corso del tempo la natura ci
abbia dimostrato la nostra impotenza di fronte ad essa, non è mai riuscita fino
in fondo a farci fermare e riflettere. Il “Covid-19”, una pandemia che può per certi versi avvicinarsi alle antiche pestilenze, è un’altra prova che, nonostante gli esseri umani siano in grado di
fare cose incredibili grazie alla tecnologia, non sono per nulla invulnerabili.
Nella storia dell’uomo si sono verificate numerose epidemie e lo stesso
Manzoni, che ambienta il suo romanzo nel 1600 parla della peste e di come l’uomo
si sia comportato di fronte ad essa; confrontando quel racconto con il
contesto odierno capiremmo come si stia affrontando la natura sempre nella
stessa maniera, senza aver imparato quasi nulla dalle esperienze precedenti.
Ritornando a Leopardi, ciò che lui afferma nella frase citata, deve servire a
comprendere che siamo degli stolti a pensare di non essere cagionevoli e deboli
e a considerarci superiori e imbattibili. Egli ci invita ad essere umili e ragionare, meditando sul passato.
Questa “peste” che sta colpendo il nostro mondo avanzato, ha spaventato quegli uomini
invincibili e li ha messi in difficoltà nel reperire soluzioni.
Perciò bisogna abbattere le fondamenta di quella convinzione che ci ha oscurato
per molti anni e considerare la realtà: non siamo poi così capaci di
resistere alla Natura.
......“Ed alle offese
dell’uomo armar la destra, e laccio porre
al vicino ed inciampo,
stolto crede così qual fora in campo
cinto d’oste contraria, in sul più vivo
incalzar degli assalti,
gl’inimici obbliando, acerbe gare
imprender con gli amici,
e sparger fuga e fulminar col brando
infra i propri guerrieri.”
Giacomo Leopardi, “La ginestra o fiore del deserto” (versi 135-144)
Leopardi ci richiama alla solidarietà e alla fratellanza che non sono utili solo nei momenti in cui tutti si sentono in pericolo, ma devono divenire delle abitudini, abolendo ogni forma di violenza contro il prossimo.
Eliminare le lotte intestine è una cosa molto difficile da realizzare nella quotidianità ma l’uomo deve almeno provarci. Di fronte agli avvenimenti di questi giorni ritengo sia
questo il comportamento che ogni singola persona debba adottare, anche con gli estranei.
In conclusione, quelle di Leopardi, spesso archiviate come le parole di un autore pessimista, rivelano tutta la loro forza e lucidità, anche nel momento storico che stiamo vivendo.
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