domenica 4 agosto 2019

"Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello



“Uno, nessuno e centomila”, l’ultimo romanzo di Luigi Pirandello, è uscito nel 1925 in forma di romanzo d’appendice mentre nel 1926 in versione integrale. Il titolo dell’opera fa già intuire il dissidio interiore del protagonista Vitangelo Moscarda che nel corso della narrazione attuerà una ricerca della propria persona, del proprio Io. Inizialmente Moscarda, anche chiamato Gengè dalla moglie Dida, è un uomo con una vita ordinaria; tutto cambia quando la moglie gli fa notare un’ imperfezione del suo naso, pende verso destra. Il commento non passa inosservato, infatti ora quando Vitangelo si guarda allo specchio continua a notare difetti prima mai visti. E’ proprio questo il momento in cui Moscarda capisce che la percezione che lui aveva sempre avuto della sua persona era differente da quella che ogni individuo dall’esterno poteva avere, si perché ognuno può dare all’altro una propria forma; basata però sull’osservazione esteriore del comportamento che questa persona presenta nei propri confronti. Ogni essere umano crea delle realtà diverse l’una dall’altra partendo dalla sensazione che riceve. Dal personaggio di Moscarda è possibile notare che non sempre con tutte le persone si ha lo stesso atteggiamento, infatti è il soggetto che si ha di fronte a determinare il proprio comportamento. Ne è un esempio la concezione che ha Dida di Gengè, un marito garbato e premuroso, che è diversa da quella che hanno gli amministratori della banca di Vitangelo, Quartorzo e Firbo, da quella di Marco di Dio, sfrattato di casa da Moscarda, e da quella di Anna Rosa, amica di Dida. In tutto il libro il protagonista cerca sé stesso, il vero sé, e per farlo prova a distruggere tutte le forme e realtà che gli altri gli hanno dato. Il linguaggio è comprensibile e quotidiano fatta eccezione per alcuni termini desueti. Le tematiche e la visione del poeta appartengono al secondo periodo del Decadentismo italiano, ciò lo si può notare dall’inconoscibilità della realtà, dalla perdita di sé e dalla pazzia. Il narratore è autodiegetico, infatti è lo stesso Moscarda a raccontare la storia; lo svolgimento dei fatti assume in alcuni tratti il carattere di un monologo e l’intera narrazione rappresenta la combinazione delle riflessioni personali del protagonista e dei dialoghi con gli altri personaggi. A parer mio “Uno, nessuno e centomila” è la sintesi delle difficoltà che ogni essere umano ha nell’accettare i propri difetti, le proprie insicurezze e debolezze. La crisi esistenziale che vive Moscarda è la crisi di un uomo che ricerca la propria identità, identità che secondo Pirandello è nascosta dietro una “maschera”; ovvero dietro un velo di Maya, un velo ingannatore e illusorio. Moscarda nella disperata ricerca di sé arriva quasi alla follia perdendo i legami e i contatti con le persone a lui più care. Simile per certi aspetti a Mattia Pascal il  personaggio di Moscarda presenta una natura ancora più complessa e sviluppata. Ne “Il fu Mattia Pascal”, la prima opera di successo di Pirandello, infatti l’autore si “limita” ad analizzare dall’ esterno il cambio di identità del personaggio mentre in “Uno, nessuno e centomila” le centomila forme del protagonista  assumono un carattere più psicologico e profondo.

Giovanni Cione, IV SA


18 commenti:

  1. Pirandello iniziò a scrivere “ Uno, Nessuno e Centomila” nel 1909 e lo terminò nel 1925.
    E’ un romanzo di genere narrativo novecentesco, dove il narratore è interno in quanto narrato dal personaggio principale : Vitangelo Moscarda.
    Il protagonista è una persona con uno stile di vita metodico e abituale che vive di rendita in quanto ha ereditato, in giovane età, la banca del padre che gestisce con l’aiuto dei suoi due collaboratori.
    Un giorno, a seguito della rivelazione da parte della moglie di un suo difetto fisico (il naso leggermente pendente verso destra), inizia a scoprire che le persone intorno a lui hanno un’immagine della sua persona completamente diversa da quella che invece lui ha di sé stesso.
    Tutto ciò lo rende consapevole di essere circondato da persone (centomila) che lo considerano in modo differente facendogli prendere coscienza che ci sono tanti Moscarda, l’uno diverso dall’altro, a seconda delle visioni delle tante persone che lo conoscono.
    Nasce quindi in lui il desiderio di scoprire veramente chi è cercando di contrastare e distruggere le considerazioni sbagliate che gli altri hanno di lui.
    La difficoltà maggiore la incontra nel momento in cui si rende conto dell’impossibilità di conoscere profondamente il proprio “io” e tutto ciò lo porterà alla follia compiendo gesti incomprensibili che sconvolgeranno la sua vita e quella della sua famiglia.
    Infatti, seguendo i consigli del vescovo Monsignor Partanna, Moscarda decide di devolvere i suoi beni in opere di beneficenza.
    L’opera termina con questa immagine della vita finalmente libera dalle varie imposizioni che è in grado di rinascere in ogni istante in modo diverso.
    La lettura di questo romanzo è stata davvero interessante, in quanto le argomentazioni trattate dall’autore sono estremamente attuali e chiamano in causa tutti i lettori di questa intricata e complessa narrazione.
    In alcuni passi come per esempio le riflessioni del protagonista, oppure quando veniva utilizzato il linguaggio psicologico-filosofico, il romanzo risultava di difficile comprensione, ma nonostante tutto con un’accurata lettura si riusciva a comprendere a pieno le vicende e le intenzioni del narratore interno.
    Quello che più mi ha colpito dell’intera opera è l’impressionante capacità dello scrittore che, per mezzo del protagonista, riesce quasi ad entrare nella mente del lettore, tanto da tirarne fuori pensieri e riflessioni istantanee.
    Tale lettura quindi induce ad interagire con il personaggio principale, sentendosi in tal modo parte integrante dell’intero romanzo.
    Come accennato precedentemente i fatti sono più che attuali: quante volte noi, come Moscarda, non ci sentiamo compresi a pieno dalle persone che abbiamo vicino?
    Quante volte non riusciamo a riconoscerci in azioni da noi compiute ma che ci risultano del tutto sconosciute e inabituali?
    Quante volte abbiamo intenzione di esprimerci secondo la nostra personalità e questo viene fermato da una società in continua evoluzione?
    Sono proprio queste le domande che si pone in questa narrazione Vitangelo Moscarda e sono questi i motivi che lo porteranno alla pazzia.


    Filippo Lupo – IV SA

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  2. E’ un’odissea tragicomica che ha allo stesso tempo i tratti di un delirio e di un saggio filosofico quella di Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo “Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello. Un’odissea che, partendo da un commento distratto della moglie, conduce l’uomo a mettere in dubbio tutti i fondamenti della coscienza e della vita sociale, facendolo sprofondare nella follia.
    Avendolo sorpreso un mattino a guardarsi allo specchio, la moglie del protagonista fa osservare a questi come il suo naso penda da una parte. Un commento innocuo, insignificante, ma che gli aprirà la strada per una lunga serie di riflessioni che culmineranno in una dolorosa presa di coscienza: noi non siamo per gli altri quello che siamo per noi stessi; non solo, ma ogni estraneo ha una visione diversa di noi, determinata dal suo carattere, dagli eventi vissuti e da numerosi altri fattori. Crediamo dunque di essere “uno”, quando invece siamo “centomila” persone diverse e, per questa ragione, “nessuno”.
    La scoperta di questa nuova verità porterà il protagonista a tentare disperatamente di affermare la propria interiorità anche all’esterno, smontando i tanti Moscarda che la gente vede dall’esterno, ma combattere contro la propria condizione non solo è impossibile, ma addirittura deleterio. Il rischio è quello di essere identificati come pazzi o, ancor peggio, portare le altre persone a scoprire l’insostenibile verità.
    Nella conclusione (che vuole tuttavia lasciare il romanzo aperto, da cui il titolo del capitolo “non conclude”) il protagonista, ormai sprofondato nel più profondo relativismo, raggiungerà una sorta di pacificazione nell’instaurare una profonda simbiosi con la natura, identificandosi ogni giorno con un essere diverso.
    Il romanzo si imposta come un lungo monologo nel quale il protagonista alterna racconti di momenti significativi a riflessioni personali, ragionamenti e dimostrazioni volti a persuadere il lettore del proprio punto di vista; l’umorismo di Pirandello si inserisce nel racconto come strumento per svelare tutte le contraddizioni del protagonista, specchio dell’uomo moderno, e metterne in luce gli aspetti più drammatici.
    “Uno, nessuno e centomila” è un romanzo intenso, concentrato, forse troppo intenso e concentrato, necessitando in alcuni passaggi di letture ripetute per poter comprendere il messaggio dell'autore. Ciononostante, a scapito della difficile tematica la lettura risulta molto scorrevole grazie ad un linguaggio semplice e all’irresistibile umorismo dell’autore. Lettura consigliata a chiunque sia disposto ad affrontare un testo diverso dal solito.
    Alberto Barbirato

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  3. Il tema principale è racchiuso in una frase del settimo libro,rivolta ad Anna Rosa, dove si capisce il dissesto psicologico di Vitangelo : " Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva. Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire".
    Da queste parole possiamo evincere l'impossibilità di ognuno di conoscere il proprio "io" interiore, un argomento discusso ancora oggi e che ha reso Moscarda una delle figure più umane di tutta l'opera di Pirandello.

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  4. In questo romanzo ritroviamo i temi principali di Pirandello ovvero il tema della “maschera” presente anche all’interno de “Il fu Mattia Pascal” e il tema della follia.Vitangelo Moscarda scopre di non conoscersi davvero,di non essere una persona sola,di indossare centomila maschere poiché ogni persona che incontra lo vede in modo diverso.La follia è quindi una via di scampo dalla paradossalità della vita.”Uno,nessuno e centomila” è un romanzo di grande introspezione psicologica in cui il protagonista si autoanalizza,scopre ed allo stesso tempo perde se stesso.

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  5. "Uno, nessuno e centomila" è l'ultimo romanzo di Pirandello. L'autore affronta il dilemma dell'identità, mostrando la finzione che sta alla base della rappresentazione sociale, in un'opera di smascheramento, con una logica serrata, implacabile. L'intero libro è principalmente scritto sotto forma di monologo, o ancor meglio dialogo, alternativamente con se stesso e con il lettore.
    Quest'ultimo stratagemma, non inusuale del Pirandello, si dimostra particolarmente efficace in quanto coinvolge attivamente il lettore rendendolo partecipe, quasi complice, per tutta la durata della storia, del protagonista e delle sue decisioni.
    L'innesco della vicenda avviene quando Vitangelo Moscarda viene informato dalla moglie di un infimo difetto al naso, cosa che lui non ebbe mai notato. Questo gli produce una forte crisi d'identità che vertiginosamente lo trascina nel delirio, un lucido delirio. In Moscarda, Infatti, avviene una scissione tra io pensante ed io fisico, ambedue psicologicamente attivi, tanto attivi da far scoppiare una rissa interna, che progredisce a suon di furti e accessi di gelosia.
    Una volta presa coscienza della propria condizione, però, ne indaga i sintomi, portando alla luce una cruda verità. L'uomo non è uno ma molti, in quanto sempre diverso per ognuno, e al contempo nessuno, conseguenza di quel perpetuo divenire del proprio io. Ed è proprio qui che il profondo relativismo Pirandelliano prende mostruosamente forma, incarnato nei panni del protagonista, scagliandosi con violenza contro tutte le illusorie certezze dell'uomo moderno. Tant'è vero che quest'ultimo tende ad avere uno sguardo di medusa sul mondo, usato per fossilizzarne le apparenze in modo tale da dargli un ordine, renderlo comprensibile e tentare di governare quel caotico non senso quale la realtà. Moscarda nel corso del racconto diventa consapevole di essere diventato custode di una verità fatale, insostenibile per tutti coloro che non sono ancora pronti ad accogliere un così violento risveglio alla vera vita.

    Di questa verità si fa eroicamente carico e ne diventa profeta: profeta però in un mondo ancora troppo fragile per poterne sostenere il carico. Di fronte ad una scoperta di tale portata l'uomo, come ben evidenziato dal Pirandello, ha due alternative: tentare di esorcizzarla dando del folle chi la pronuncia, o quantomeno liquidandola, rendendola così marginale ed innocua, o provare ad assimilarla: tentativo che(come si è potuto vedere nella parte finale del libro) farebbe sprofondare nella più pura e caotica forma di follia, considerata dal Pirandello il supremo rimedio per l'uomo.

    Andrei Zarau VSA

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  6. Il romanzo, data la complessa materia analizzata, non è di facile comprensione . Infatti, il libro si presenta come un lunghissimo viaggio interiore che non tocca solo i temi della personalità: si parla anche del rapporto fra l'uomo e la natura e della relazione fra padre e figlio.

    "Uno,nessuno e centomila" è un romanzo che apre gli occhi sul modo in cui viviamo, facendoci prendere consapevolezza del fatto che non siamo mai noi stessi e che forse l'io stesso non esiste, dato che non abbiamo mai modo di conoscerlo,comportandoci sempre in modi diversi al variare delle persone con le quali ci interfacciamo. E' un libro dalla valenza universale. Non è la storia di Vitangelo Moscarda, è la nostra.

    Formiglio Lorenzo VSA

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  7. L'opera di Pirandello, caratterizzata da una narrazione fluida e appassionante, che indurrebbero il lettore a pensare che il libro sia di rapida lettura, si rivela in realtà estremamente densa di contenuti e di riflesioni, che inducono a pensare sul mondo esterno ed interno di ognuno di noi. L'autore distrugge l'arroganza di chi sostiene l'assoluta certezza delle proprie opinioni, inneggiando al relativismo e alla soggettività di ciò che si afferma.
    Pirandello approfondisce in modo straordinario il banale proverbio “Le apparenze ingannano”, invitando il lettore a immedesimarsi con le persone da lui giudicate e cercare di capire, anche se inutilmente, come loro si vedono e come credono di apparire agli altri.
    Si constata alla fine che l'unica certezza che si possa avere è che come noi vediamo una persona, come questa ci appare e ciò che pensiamo su di lei creano, in realtà, una terza figura, estranea al soggetto delle nostre azioni e che, anzi, lo sostituisce nella nostra mente e nel nostro mondo.

    Viarengo Matteo VSA

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  8. Uno, nessuno e centomila arrivò in seguito all’enorme successo raggiunto da “Il fu Mattia Pascal”, e venne pubblicato tra il 1925 e il 1926.
    I due romanzi sono molto accostabili sia dal punto di vista tematico, sia per l’impostazione in generale: sono “romanzi-conversazione” perché il narratore ha la particolarità di rivolgersi al pubblico mentre scrive, come se ci stesse parlando a voce, ed entrambi sono scritti postumi, ossia ricostruzioni di passaggi che hanno portato alla formazione dei personaggi fino all’essere, ancor vivi, come “il fu Mattia Pascal”, anche “il fu Vitangelo Moscarda”, il protagonista di questo libro.
    Si tratta di un uomo che nel pieno dei suoi anni si rende conto di aver vissuto una vita priva di significato, tutto solo a causa di un’osservazione di sua moglie Dida riguardante il suo naso leggermente pendente verso destra. Da quel momento il suo modo di pensare cambia radicalmente, ma tutti gli aspetti se li porta fino alla fine del libro: il suo malessere interiore, la sua passività nei confronti della follia che incomincia a far parte della sua vita normale e il continuo senso di solitudine nei confronti non degli altri ma da un io separato da sè, o meglio dalle proprie maschere.
    Ancora una volta emerge il realismo illusorio tipico di Pirandello, e la sua capacità di trascinare il protagonista a diventare testimone di una verità del tutto artificialmente costruita e poi di cancellargliela davanti agli occhi come una sorta di sberleffo.
    La differenza con l’altro suo libro l’ho trovata nell’ analisi del personaggio: se in Mattia lo scrittore si limita a descrivere esteriormente i suoi cambi di personalità, in Vitangelo si trova molta più profondità fino a creare una sua completa introspezione psicologica. Uno, nessuno e centomila è un libro così interiore da doversi soffermare in ogni sua pagina e ogni suo aspetto. La sua bellezza e intensità si riassumono tutte nel titolo: un uomo che si indaga interiormente e che scopre di apparire diverso per ogni persona che lo conosce, non ritiene di avere una propria identità.
    È un libro che ci permette di intraprendere un viaggio nel nostro io e per mezzo di Vitangelo, Pirandello intende rivolgersi a tutti noi, di farci riflettere fino alla sua ultima pagina.

    Irene Zanirato V SA

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  9. "Uno,nessuno,centomila" è una lettura complicata dal momento che bisogna prestare attenzione ad ogni singola pagina perchè si rischia facilmente di perdere il filo del pensiero escogitato da Pirandello. Nel libro, vengono trattati diversi temi tra cui quello della maschera(già affrontato ne "Il fu Mattia Pascal", opera dello stesso autore) e quello della follia. Una delle cose che ho particolarmente apprezzato è la descrizione, da parte dello scrittore, del cambiamento psicologico di Vitangelo Moscarda che, essendo certo delle sue teorie, cercherà di distruggere le sue altre centomila identità compiendo follie(tra di esse merita di essere ricordato il ritiro del proprio capitale dalla banca paterna, cosa che la porterà al fallimento). Emblematico, ma soprattutto curioso, è il titolo dell' opera:uno rappresenta l' immagine che ogni essere umano ha di sè, nessuno è ciò che il protagonista sceglie di essere alla fine(dal momento che, frantumando il proprio io, Vitangelo si dissolve nella natura), centomila sono i modi in cui le persone ci vedono.

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  10. Uno, nessuno e centomila è una lettura che permette di indagare all’interno della psiche umana svelandone i retroscena e l’estrema fragilità. Pirandello affronta un tema complesso con a sostegno una scrittura semplice ma che arriva dritta al sodo della questione anche se in modi troppo netti a volte, motivo per cui bisogna affrontare e riaffrontare alcuni passaggi. Questa complessità quasi velata dall’abile autore non fa altro che incuriosire il lettore e farlo proseguire nella sua lettura. Ho sinceramente apprezzato questo libro in tutti i suoi aspetti e argomenti al punto che l’immedesimazione con lo sventurato vitangelo moscarda si è rivelata come una scoperta interiore molto profonda che non pensavo di poter trarre da una lettura.
    Denis marino V SA

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  11. Il romanzo di Pirandello, apparentemente veloce da leggere, analizza attraverso diversi ragionamenti la psiche del protagonista, Vitangelo Moscarda e di come la sua ossessione nella ricerca, infruttuosa, del vero sé lo abbia portato alla follia.
    Il vero significato dell'opera viene rappresentato dal titolo che indica le varie percezioni di sé stessi: una che rappresenta come ci vediamo noi, nessuna perché in realtà non si può conoscere il vero sé e centomila che sono i modi in cui gli altri ci vedono.

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  12. Pirandello utilizza per questo romanzo uno stile allegro e semplice, anche se vi nasconde significati complicati.
    Il narratore è interno e coincide con il protagonista, Vitangelo Moscarda, che parla dei suoi pensieri e fa ragionamenti, coinvolgendo il lettore con domande dirette e dubbi.
    Il protagonista scopre ad un tratto di non conoscersi, di non essere nessuno o meglio di indossare maschere diverse, a seconda delle persone con cui è, anche con se stesso.
    Tutto nasce da un innocente commento di sua moglie sul fatto che il suo naso penda un po’ da un lato.
    Questo fatto sconvolge Vitangelo, che si rende conto di essersi visto per anni in modo differente da come gli altri lo hanno sempre percepito; si accorge di essere 'centomila', come le immagini che gli altri hanno di lui e non 'uno'. E' tanti come è'nessuno', perchè non ha una vera identità.
    Dopo questa attenta autoanalisi quindi, inizia a compiere azioni che paiono folli,cercando di distruggere le centomila immagini che gli altri avevano di lui e venendo tagliato fuori dalla società.
    “Uno, nessuno e centomila” è un libro che fa riflettere su come la vita di una persona possa essere influenzata dagli altri.
    Mi spiego meglio: quante volte abbiamo cercato di apparire in un certo modo per poi scoprire che gli altri non ci hanno guardato come noi avremmo voluto?
    “Uno, nessuno e centomila” insegna a guardarci dentro ed essere noi stessi, ribellandoci dall'ideale che la società ha di noi.

    Testa Francesca, VSA

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  13. Lo scopo del romanzo è mettere in evidenza gli stereotipi e gli schemi che ci vengono imposti dalla società, rappresentati nel pensiero di Pirandello dall’immagine delle maschere che ognuno di noi indossa a seconda delle situazioni in cui si trova. Come ne “Il fu Mattia Pascal”, il tema principale è quello della ricerca della propria identità. Per fare ciò, Pirandello utilizza la tecnica del monologo, sia con Mattia/Adriano sia con Vitangelo, indagando la natura dei due personaggi.
    Il narratore della vicenda coincide con il protagonista, Vitangelo, e, perciò, la narrazione viene effettuata in prima persona.
    Il linguaggio adottato appartiene ad un registro medio ma si possono riscontrare sia espressioni appartenenti ad un linguaggio popolare sia termini abbastanza ricercati.
    Una caratteristica che ho apprezzato molto di questo romanzo, e che mi sarebbe piaciuto riscontrare nell' opera pasoliniana "Ragazzi di vita", è l' evoluzione psicologica del protagonista descritta a tutto tondo da Pirandello.
    Tommaso Albertazzi

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  16. In "Uno, nessuno e centomila" Pirandello racchiude una morale fondamentale, attuale anche ai giorni d'oggi: il tema trattato per tutto il libro é il giudizio altrui. Vitangelo Moscarda prima dell'affermazione della moglie riguardo il naso non era toccato dai giudizi ma quel commento lo aveva scosso così tanto da renderlo totalmente irriconoscibile nel suo modo di essere; proprio in queste situazioni l'uomo indossa le "maschere" per nascondere il "vero io". Le maschere però occultano la vera personalità e portano l'uomo alla perdita della propria identità e via via alla follia. Il titolo "Uno, nessuno e centomila" é proprio questo: una persona che con la perdita di valore diventa "nessuno" e si trasforma in "centomila" altre identità-maschere per non avere quei difetti che vengono giudicati dalla gente. Il libro é complicato ma mi é piaciuto per via del tema trattato da Pirandello ma anche dal modo con cui lo tratta; il lessico utilizzato non é estremamente elaborato. Il libro mi ha colpito soprattutto per il messaggio che viene passato perché, nonostante sia stato del Novecento, trasmette una morale che penso sia ancora molto attuale.
    Giacomo Bolognesi

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  17. E' difficile fare un commento originale riguardo a un romanzo di tale successo. L'intuizione di Pirandello è geniale: siamo in continua trasformazione, in costante mutamento, in perenne camuffamento, in eterna dissimulazione di noi stessi; riusciamo a essere così sfuggenti che la parte presente di noi è impossibilitata a riconoscere la parte appena passata di noi. Per gli altri è, dunque, impossibile avere la certezza di chi noi siamo veramente (come lo è per noi, del resto) e tutti abbiamo di noi stessi e degli altri una visione che è nostra e soltanto nostra e che non corrisponde alla verità.

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  18. Questa lettura mi ha profondamente coinvolto e affascinato;credo che l’autore abbia colto delle verità che contraddistinguono l’esistenza umana e normalmente restano nascoste ai nostri occhi. Nella vita quotidiana indossiamo continuamente delle diverse maschere a seconda delle circostanze: modifichiamo noi stessi, il nostro comportamento, nascondiamo degli aspetti del nostro carattere per adattarci agli altri a tal punto da non essere più in grado di riconoscere ed affermare la nostra vera natura. La società ci spinge sempre più a mescolare l’essere con l’apparire fino a non poterli più distinguere. Vitangelo Mosca rappresenta colui che, stanco di recitare la parte prevista dal copione, si ferma a riflettere e ad osservare con sguardo più critico.
    Egli cerca di strappare le diverse maschere che ci vengono imposte.
    Il risultato a cui Moscarda approda è l'aver capito che una realtà univoca ed oggettiva non esiste, bensì esistono tante, centomila realtà soggettive e quindi, vale a dire, nessuna.

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