sabato 14 marzo 2020

L'amore ai tempi del colera (o del coronavirus?)


"Stavano incominciando a far colazione in silenzio, quando una barca a motore della Sanità del Porto ordinò di fermare l'imbarcazione. Il capitano, dal posto di comando, rispose a urla alle domande della pattuglia armata. Volevano sapere che tipo di peste avevano a bordo, quanti passeggeri c'erano, quanti erano ammalati, che possibilità c'erano di nuovi contagi. Il capitano rispose che portavano solo tre passeggeri, e tutti avevano il colera, ma erano in stretto isolamento. Né quelli che dovevano salire a La Dorada né i ventisette uomini dell'equipaggio avevano avuto nessun contatto con loro. Ma il comandante della pattuglia non restò soddisfatto e ordinò che uscissero dalla baia e che aspettassero alla palude de Las Mercedes fino alle due del pomeriggio, mentre si preparavano le pratiche perché il battello restasse in quarantena" così scrive Gabriel Garcia Marquez in "L'amore ai tempi del colera", lettura che ho affrontato qualche anno fa. La vicenda è ambientata negli ultimi anni dell'Ottocento a Cartagena de Indias, in Colombia, periodo di diffusione del colera in quella zona. Analoga alla situazione descritta sembra essere quella della nave da crociera  Diamond Princess rimasta ormeggiata per giorni nel porto di Yokohama (Giappone) e posta in quarantena dopo che alcuni passeggeri erano risultati positivi al coronavirus. Probabilmente ancora più significativa è la frase "i sintomi dell'amore sono gli stessi del colera", come se l'amore si diffondesse al pari di una malattia portando chi ne è colpito a stati d'animo febbrili e a compiere azioni irrazionali. Lo scopo di Marquez era quello di porre l'accento sull'amore passionale che supera i limiti del tempo ma, indirettamente, questi atteggiamenti irrazionali che vengono descritti dall'autore sono riscontrabili in questi giorni di diffusione dell'epidemia di COVID 19.  Basti pensare alla grande disinformazione, alle incette inutili di cibo o ai fenomeni di razzismo basati su pregiudizi senza alcun fondamento come quelli nei confronti della comunità cinese, presa di mira solo per la sua origine riconducibile al primo focolaio del coronavirus. Sembra infatti che il vero contagio diffuso nel nostro paese sia non tanto quello fisico, ma quello psicologico che ha portato alla luce episodi di violenza e discriminazione che in fondo non sembrano così lontani dagli eventi narrati da Manzoni nei Promessi Sposi. Forse in questo clima di incertezza in cui la vita frenetica sembra essersi fermata, invece di abbandonarci alla paura e all'irrazionalità, dovremmo fuggire, almeno interiormente, sul nostro “battello” proprio come fecero i due anziani protagonisti, Florentino e Fermina in "L'amore ai tempi del colera".

Chiara Zerbinati  VB


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