Recentemente ho intrapreso la lettura del romanzo "La peste" di Camus e, fin dalle prime pagine, ho notato le analogie presenti tra il testo in questione e la realtà attuale con cui ognuno di noi deve confrontarsi quotidianamente in questi ultimi tempi.
Oltre ad uno scorrevole sviluppo della narrazione, il testo mi ha offerto uno spunto per riflettere maggiormente sulla nostra situazione attuale. La citazione che mi ha particolarmente colpita è la seguente:
"La follia è ostinata, chiunque se ne accorgerebbe se non fossimo sempre presi da noi stessi" (pag.45)

Qualcuno immagina di star vivendo un brutto sogno, come se bastasse aprire gli occhi al fine di scacciarlo, altri, invece, minimizzano il pericolo, cercando di esorcizzare le proprie paure. Mi sono domandata il motivo per il quale non si riesca ad accettare spontaneamente la realtà per poter cercare la soluzione più idonea e sono giunta alla conclusione che il problema non sia l'impossibilità ma la mancanza di volontà. È ognuno di noi, infatti, che, chiamato a reagire, sceglie quale atteggiamento adottare e, generalmente, è più facile scappare piuttosto che affrontare. Ecco ciò che è risultato più conveniente: negare a se stessi la gravità di quello che ci circonda, non tanto per egoismo quanto per una sorta di protezione. Ci si convince che i colpiti dal problema siano stati semplicemente meno fortunati, che la cosa sicuramente non accadrà a noi, forse perché pensiamo di essere più acuti ed ingegnosi. Si continua, così, a vivere normalmente, non curanti del pericolo che aleggia sopra ognuno di noi. Si dà la precedenza ai propri impegni e ai proprio affetti, piuttosto che alla corretta informazione e alle giuste misure di precauzione.
Dall'altro lato, troviamo i "fautori dell'allarmismo", ovvero coloro che, presi dal panico, non hanno esitato a catapultarsi in un mondo parallelo, dove l'unica via di scampo era munirsi di ogni bene di prima necessità, e non solo, e rintanarsi in solitudine nei propri luoghi sicuri, alzando una muraglia contro il mondo esterno che, così facendo, avrebbe lasciato loro la giusta pace e si sarebbe scagliato contro il prossimo sventurato colpito dal morbo.
Tuttavia, credo fermamente che l'errore sia valutare l'epidemia in questione come un mostro che, se non aizzato, non farà del male, o perlomeno, non a noi. Il punto, invece, è che non siamo di fronte ad un cane rabbioso, ma ad un virus che si espande troppo velocemente e per il quale si stanno ancora valutando le cause e le soluzioni. È sicuramente indispensabile mantenere le giuste precauzioni, ma si deve tenere a mente che, chiunque abbia contratto il virus, non è stato scelto per accanimento della sorte nei suoi confronti, dato che siamo tutti soggetti esposti al contagio.
Ho personalmente individuato, a grandi linee, tre fasi attraverso le quali, nel nostro Paese, abbiamo maturato una concezione più oggettiva della situazione:
inizialmente le disposizioni da adottare consigliate dal Ministero della Salute sembravano superflue e banali, dopodiché è subentrato il panico generale che si è tramutato nella paura smisurata del minimo contatto umano ed ora abbiamo finalmente afferrato che la situazione è critica, ma quantomeno sotto controllo.
Grazie alle continue ricerche, all'aiuto e alla preziosa informazione dei più esperti, siamo continuamente monitorati e controllati, perciò dovremmo aver capito come agire nel rispetto delle giuste misure.
Ciò che più continua a spaventare, però, è la sensazione di prigionia in cui sembra di essere perché, sebbene siamo spronati a vivere normalmente le giornate, ci sono state ripercussioni sulla nostra quotidianità, che aumentano il senso di confusione. Ci si sente spaesati, oppressi e burattini nelle mani di un soggetto ancora sconosciuto, il virus.
Non mi stupisco, quindi, che ci siano state diverse reazioni a questa nuova realtà, guidate indubbiamente dall'angoscia piuttosto che dalla razionalità. Uniformandomi al pensiero dell'autore nella citazione sopra riportata, credo che sia giunto il momento di accettare che non sia sempre possibile anticipare, conoscere e risolvere ogni circostanza. Questo accade perché, nonostante sia bizzarro a dirsi, in ogni avvenimento si può trovare un pizzico di follia, considerata tale in quanto si sviluppa in misure lontane dall'uomo. Quindi, come al solito, tutto ciò che è estraneo alla nostra scienza, viene considerato utopia e, se si abbatte su di noi, scatena la paura. Quello che è importante ricordare, però, è che, non prevedendo lo sviluppo degli avvenimenti, sarebbe sempre giusto cambiare la propria prospettiva e, per un momento, allontanarsi dalle singole problematiche individuali. Affrontare un pericolo non risulta mai piacevole, tuttavia ognuno di noi è indispensabile al prossimo nella misura in cui lo rispetta e si munisce della giusta dose di empatia e umanità che permettono a ciascuno di aiutarsi l'uno con l'altro.
MAURO MORENA IVSB
06/03/2020
Nessun commento:
Posta un commento