Nell’America degli anni venti, preludio della drammatica
“Great Depression”, nasce uno degli scrittori più emblematici della storia
statunitense: Jack Kerouac. Padre della “Beat Generation”, nei suoi scritti,
come nella sua vita, perseguì ideali di liberazione, evasione,
approfondimento della propria coscienza attraverso il rifiuto delle norme
imposte, l’innovazione dello stile, la sperimentazione delle droghe, il
vagabondaggio, la pratica di una sessualità alternativa.
“On the Road”, capolavoro letterario
che Kerouac scrisse in sole tre settimane del 1951, è il manifesto di un
nuovo movimento giovanile sviluppatosi negli anni cinquanta del Novecento negli
Stati Uniti. È un romanzo autobiografico, che narra la storia di un lungo pellegrinaggio
compiuto dall’autore stesso, in parte in compagnia del suo amico Neal
Cassady.
Innumerevoli sono i personaggi secondari che accompagno il susseguirsi
delle vicende, così come i luoghi statunitensi esplorati.
Inizialmente è stato difficile entrare in confidenza con uno
stile linguistico decisamente alternativo, che scorre come scorrono le giornate
da lui narrate e che si distacca drasticamente dai valori stilistici americani
del tempo. Lo stile segue infatti il ritmo musicale del Bepop, caratterizzato
da tempi molto veloci e armonie innovative, definito da Kerouac stesso “prosa
spontanea”. In ugual modo gli avvenimenti narrati rispecchiano la medesima
andatura, come i pensieri e i desideri esplicitati.
Una volta che sono riuscita a comprendere gli ingranaggi di
questa difficile e incessante melodia però ho apprezzato molto anche le parti
descrittive del romanzo che l'autore propone nella loro più alta limpidezza.
Inquieto e tormentato, percorre gli Stati Uniti sperimentando
se stesso e il mondo circostante, alla ricerca di una realtà trascendente in
cui poter credere, attraverso un eterno vagare. Non vi è però degradazione,
bensì abbandono alle leggi naturali e all’istinto individuale. Ogni partenza è
caratterizzata da un grande entusiasmo e un ardente desiderio di conoscenza,
che però vengono vanificati ad ogni arrivo. Kerouac esprime in questo modo
l’angoscia del vuoto esistenziale che caratterizza l’America sua contemporanea
e in maniera ancora più radicata l’individuo stesso.
È un libro che ho apprezzato molto e che consiglio
soprattutto a coloro che amano il viaggio e la conoscenza attraverso tutto ciò
che oltrepassa l’accademico.
Nel 2012 è stato prodotto un film, “On the road”, tratto
dall’omonimo romanzo e diretto da Walter Salles. A mio avviso, nonostante sia
molto fedele al libro per quanto riguarda la storia e i dialoghi, penso non
riesca a trasmettere il messaggio più autentico che Kerouac ha impresso nel suo
capolavoro. Sono stata un po’ delusa dalla scelta degli attori e delle
scenografie. Un mio consiglio è quello di leggere il libro prima della visione
del film, nonostante ritenga che quest’ultimo possa essere uno spunto
interessante per i lettori più pigri.
Teresa Giordano IVB
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