Papillon, remake dell’omonimo film del 1973, narra la storia
vera di Henri Charrière. Questi, incastrato da un uomo della malavita, finì
accusato ingiustamente nella prigione dell’Isola del Diavolo, nella Guayana
francese, nota per le sue regole molto severe. Egli, soprannominato con il nome
“Papillon”, tentò più volte di fuggire dal complesso carcerario e ci riuscì
alla nona e ultima volta, fuggendo nel Venezuela.
A conquistarmi durante la visione è stato soprattutto lo
spirito del protagonista, convinto della sua innocenza e deciso a fuggire ad
ogni costo, in nome della libertà; un uomo che non si è lasciato piegare dalle
avversità e dal sadismo di un intero sistema. Il film riesce anche a mescolare
sapientemente le parti politiche di denuncia delle condizioni disumane in cui i
carcerati sono costretti a “vivere”.
Ma il fulcro del film, ancora di più dei vari tentavi di
fuga, è l’amicizia instaurata tra il protagonista e un altro detenuto, Louis
Dega, che ci fa capire come in situazioni di questo tipo instaurare rapporti è
l’unico modo per conservare la propria umanità. La chimica tra i due è
innegabile, basata su una profonda fiducia reciproca e nel corso del film
diventa l’unica forza che rimane a Papillon. Dega infatti diventerà la spalla
su cui appoggiarsi in ogni momento di difficoltà e l’unica persona per cui
sopravvivere, mano a mano che gli anni passano e la speranza di ritornare alle
vite precedenti si allontana sempre di più.
Francesca Baggio IVB

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