giovedì 29 agosto 2019

"Il giocatore" di F. M. Dostoevskij



‘’Il giocatore’’  di Dostoevskij esordisce riesumando i ricordi di Aleksej Ivanovic che ripercorre i tempi passati in cui era precettore presso ‘’il generale’’ , l’amore per Polina  Aleksandrovna e il lento declino verso la rovina economica e morale, in uno scenario drammatico governato dalla sorte, popolato da personaggi schiavi delle loro passioni, doppiogiochisti e materialisti legati solo al denaro. Sebbene ciascun personaggio sia un universo a sé stante, quando si parla di denaro, tutti perdono ogni freno inibitore e si rivelano cinici, amorali, superficiali e inconsistenti. L’unico ad avere più spessore è il protagonista Aleksej forse perché   gioca per il gusto di giocare e non per vincere. Nel libro il tema del gioco d’azzardo viene affrontato con ironia, per esempio nella descrizione della nonna, senza tuttavia nascondere la tragicità del vizio che conduce al disastro. La perdita, come detto, non è solo economica ma soprattutto di carattere etico, i protagonisti vivono solo per la roulette, dimenticando  qualsiasi altra cosa presente nella loro vita. 
Posso definire ‘’Il giocatore’’ un libro piuttosto coinvolgente, soprattutto nei primi dodici capitoli dove il ritmo è incalzante e vi è un perenne salire dell’azione. Si potrebbe parlare delle differenze delle borghesie europee e della condotta dei russi all’estero, ma le qualità che deve avere un romanzo per tenere ‘’incollato’’ un lettore sono la tensione, la suspense e i momenti che lasciano col fiato sospeso, tutti elementi che si ritrovano solo con l’entrata nel casinò della nonna che, puntando cifre da capogiro, tiene il lettore con il fiato sospeso per intere pagine. Tutto ciò mi ha fatto esultare con il protagonista quando vinceva e disperarmi con esso se perdeva. 
Questo coinvolgimento mi ha portato però a pensare a che punto, per un uomo, il gioco si trasformi da passatempo, svago o passione in  un vizio ossessivo, ma forse è proprio l’inconsapevolezza di essere in caduta libera o in rapida ascesa (dipende se si vince o si perde) che spinge il giocatore a continuare e ogni azione diventa automatica. Davanti alla roulette si perde coscienza di sé e del mondo circostante, come ipnotizzati dal vorticoso girare dei trentasette numeri, finché ‘’rien ne va plus’’. Come  emerge dalla prefazione del romanzo, Dostoevskij aveva avuto problemi con il gioco d’azzardo e scrisse il libro in breve tempo per il suo editore che probabilmente era più che altro  un vero e proprio usuraio. La scelta della roulette può essere un dettaglio autobiografico  oppure, come egli stesso ha scritto, perché è il gioco che più si confà all’animo dei russi, ma io vedo la roulette anche come metafora della vita. In un'esistenza  tormentata da  amore non corrisposto e difficoltà economiche, in una vita che non dà molte possibilità di svolta, la roulette diviene un’ancora di salvezza, una possibilità di riscatto di un futuro migliore, perché come i numeri della roulette anche la fortuna può girare; tuttavia, attraverso un lento ma continuo declino, ci si ritrova schiavi di un male dal quale si pensa ci si possa liberare in qualsiasi momento, senza rendersi conto di non aver più alcun potere sul proprio destino. Consiglio vivamente questo libro a chiunque cerchi un romanzo scorrevole e coinvolgente, ma anche attuale e significativo, grazie alla presenza di una ricca analisi introspettiva sui vizi dell'uomo.

Chiara Zerbinati IV B

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