Fu qualche mese più tardi, con
l’arrivo del giovane nipote di Babette alla porta della casa
gialla, che quell’ordine così fragile si infranse.
La
causa del trambusto che ne derivò fu, in realtà, una semplice e
piccola busta.
Martina
e Filippa quel giorno erano uscite dalla casa per andare a far visita
alla signora Loewenhielm, perciò l’unica presenza nella dimora era
quella di Babette.
Quando
si trovò davanti il caro nipote non poté non illuminarsi di gioia,
era cresciuto dal loro ultimo incontro ed era diventato perfino più
bello.
-
Porto buone novelle, zia. - disse tirando fuori dalla bisaccia una
busta che portava fieramente il francobollo francese, molto noto a
Babette.
Senza
dire una parola, lì sulla porta, aprì la busta. Ne estrasse un
foglio di carta stropicciato e lievemente consunto, probabilmente a
causa del lungo viaggio che aveva dovuto sostenere.
Cara
Babette,
mia
grande artista!
Ti
ricordi di me? Sono quel Jean-Jacques che ti vide preparare i tuoi
primi piatti, quel Jean-Jacques che ti accolse nel suo Cafè,
quel uomo che, tanti anni fa, ti insegnò come preparare la
tartaruga e il cailles en sarcophage. Allora? Ti ricordi?
Troppi
anni sono passati, e mi rammarico di non averti cercata, Babette. Sei
stata una delle mie migliori allieve, e ti ho persa come sabbia nel
vento. Quando mi sono accorto che non saresti più tornata al cafè,
eri già scomparsa.
In
questi anni mi sono interrogato, ti pensavo e sentivo una grande
assenza nel cafè, mi mancava un grande artista, come te. Un giorno
però, i miei dolori, i miei dubbi, le mie speranze che parevano vane
si rivelarono distese, come panni al sole. Fu Monsieur Papin a rivelarmi la verità. E’ grazie a lui se ora ti è noto il mio pensiero e fu
sempre merito suo se scoprii dove ti trovassi.
Quello
di cui ti voglio parlare ora non è tanto come le nostre strade si
divisero allora ma piuttosto di come si ricongiungeranno.
Babette,
ti rivoglio con me, al mio fianco, al Cafè Anglais.
Ti
aspetterò.
Jean-Jacques
Una lacrima che da troppo tempo
aspettava di lambire quelle guance, si liberò silenziosa. Una muta
verità si celava in quegli occhi indecifrabili. Il nipote non osò
aprir bocca, nulla poteva colmare il vuoto di quello sguardo.
Quella sera, Babette preparò una
cena frugale per Martina, Filippa e il nipote. Fu allora che annunciò
la notizia della sua partenza per Parigi e l’invito per le sorelle a seguirla.
- Mesdames, vogliate farmi
l’immenso piacere eper le sorelle a seguirla onore di accompagnarmi in questa mia avventura
che, presumo, sarà anche l’ultima. Nutro per voi un sincero
affetto e ormai siete parte di me. Vi invito calorosamente a
seguirmi, a Parigi. - concluse Babette, alla fine di un lungo
discorso e la lettura della lettera stessa del vecchio amico.
Ci fu il silenzio. Martina e Filippa non si aspettavano minimamente una simile proposta. L'unico movimento presente in quella stanza immobile era quello della fiammella tremolante del centrotavola. Quella fievole e tiepida luce creava un alone dal riverbero gotico sui volti plastici dei commensali. Il buio ovattato avvolgeva in un grave tacere le figure in penombra.
Ci fu il silenzio. Martina e Filippa non si aspettavano minimamente una simile proposta. L'unico movimento presente in quella stanza immobile era quello della fiammella tremolante del centrotavola. Quella fievole e tiepida luce creava un alone dal riverbero gotico sui volti plastici dei commensali. Il buio ovattato avvolgeva in un grave tacere le figure in penombra.
Fu Filippa a rompere il ghiaccio.
- Babette, sai quanto ti siamo grate e quanto teniamo a te; ma quello che ci chiedi va oltre i nostri orizzonti. Parigi era la tua città, ed è giusto che ritorni ad essere tua. Noi, invece, apparteniamo da sempre a questo posto, a questa comunità, a queste tradizioni, e abbandonarlo sarebbe come rinnegare le nostre origini. Per questa ragione siamo costrette a declinare la tua offerta, anche se ci costa non poco dolore separarci da te. Questo sarebbe il desiderio di nostro padre.
L'insegna del Cafè Anglais era diversa da come la ricordava. Solo una ventina di anni prima la scritta a caratteri cubitali regnava al centro di un tripudio di colori e profumi, tra rose rampicanti, edera ed ortensie. Ora i fiori erano scomparsi, portandosi con loro tutta l'eleganza e la magia di cui il locale era pervaso. La sofferenza si respirava in ogni frammento di quell'edificio, che ancora pareva esibire spavaldamente come un trofeo il vecchio cartello di ferro battuto, ormai arrugginito.
Babette non si aspettava che la guerra avesse causato tanto male. Centinaia di ricordi, stampati nella sua memoria con la nitidezza di una fotografia, si affollavano in modo disordinato dentro di lei, riempiendole il cuore di angoscia. Fu tra quei tavolini e quelle sedie che conobbe le persone più importanti della sua vita. Di quella vitale moltitudine non restava altro che un'incolmabile voragine nel cuore di coloro che l'avevano provata.
Con gli occhi velati di malinconia, Babette fissava mestamente il vuoto.
Si diresse verso la porta e, inspirando profondamente, la aprì.
La sala che le si presentò davanti era dominata dal silenzio, un silenzio che stonava a contatto con quegli specchi, quel legno di mogano, quelle poltrone di velluto, quell'argenteria. Ogni elemento della sala era abituato a vivere nel vivace trambusto del caro e vecchio Cafè Anglais, eppure, ora che non se trovava alcuna traccia, sembrava essere morto.Babette rimase senza fiato. Il dolore che aveva portato dentro per così tanto, del quale si vergognava e di cui era tremendamente gelosa, giaceva ora in ogni angolo dell'unico luogo del suo passato rimasto intatto e imperturbato da tutta quella sofferenza.
Essa era rimasta appiccicata ad ogni volto come miele, gli occhi di ogni cameriere o cliente erano sporchi delle macchie del tempo, così come quelli di Babette. Finalmente, si sentì meno sola. Capì che Parigi era una lacrima sulla guancia di tutti coloro che la circondavano.
Per troppo tempo aveva pensato di averla persa. Non la aveva mai abbandonata, era sempre rimasta dentro di lei, dentro i suoi occhi, nelle sue mani di grande artista.
La sala taceva, quando, dalla porta della cucina, comparve lui. Jean-Jacques vide riflesse nello sguardo di Babette le sfumature delle medesime passioni.
Si erano ritrovati. Finalmente, il tassello mancante era tornato al suo posto.
Babette aveva capito, senza che Jean-Jacques dicesse nulla, tutto ciò che in anni non le aveva mai detto.
Uno sguardo può dire più di mille parole. Lui le venne incontro e lei fece lo stesso. Si strinsero nell'abbraccio che non si erano mai dati.
A Babette salì un brivido lungo la schiena.
Beatrice Roberto IV A
Alberto Barbirato IV SA
Anna Gianotti IV SB
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