mercoledì 14 agosto 2019

"Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello


“Il fu Mattia Pascal”, pubblicato nel 1904, è la prima opera celebre di Luigi Pirandello. Il protagonista del romanzo è Mattia Pascal, bibliotecario del paese immaginario di Miragno. La morte del padre del personaggio porta in eredità una grande fortuna, fortuna condivisa tra Mattia, il fratello Roberto e la madre. La gestione del patrimonio viene affidata a Batta Malagna, un uomo disonesto che cerca in tutti i modi di approfittarsi dell’ingenuità e della disattenzione della famiglia Pascal  per arricchirsi. Il titolo “Il fu Mattia Pascal” evidenzia uno degli argomenti centrali del romanzo, il tema dell’Identità. Il protagonista all’inizio del libro afferma di essere Mattia Pascal, nella parte centrale Adriano Meis e infine “Il fu Mattia Pascal”, il cambio di nome viene associato ad un cambiamento di vita del personaggio. Anche il tema della Morte è centrale nell’opera, ciò lo si può notare dalla notizia falsa del suicidio di Mattia Pascal, dalla morte, organizzata dallo stesso protagonista, di Adriano Meis ed infine dalla morte vera e propria del personaggio. Altre tematiche fondanti sono quelle della Fortuna, del Gioco e della Solitudine. Nel corso della narrazione si susseguono vari inconvenienti, ne sono un esempio la relazione che Mattia Pascal ha con la nipote di Malagna, la conseguente nascita di due bambine morte premature, e la perdita di tutti i soldi a causa della non curanza di Batta Malagna. La mancanza delle figlie fa arrivare Mattia alla decisione di partire per un viaggio diretto a Montecarlo; il suo intento è quello di giocare d’azzardo e guadagnare denaro. Dopo aver vinto una somma abbastanza elevata decide che è il momento di tornare a casa ma è proprio qui che si sbaglia perchè nel viaggio di ritorno in treno gli capita di leggere sul giornale la notizia della sua stessa morte. Inizialmente turbato pensa poi che il suo apparente suicidio sia l’occasione giusta per crearsi una nuova vita, una nuova identità; nasce così la figura di Adriano Meis. Passato del tempo a Roma con il nome di Adriano Meis si rende conto che la libertà per cui era fuggito dalla vita a casa della suocera a Miragno lo aveva portato a vivere un’esistenza vuota, priva di un passato e di una famiglia, in quanto la vita di un uomo inesistente. È questa la riflessione che gli fa mettere in scena la sua “seconda morte” e che lo fa ritornare nel suo vecchio paese come “Il fu Mattia Pascal”. In questo romanzo Pirandello fa riflettere sul significato che si cela dietro un nome, un nome porta con sé un’identità, una vita. Inoltre l’autore attraverso la figura del narratore interno, lo stesso Mattia Pascal, fa trasparire le emozioni e i sentimenti provati dal personaggio in prima persona. Con questo libro Pirandello inizia la sua analisi sull’interiorità umana, ne “Il fu Mattia Pascal”, opera iniziale, lo fa in un modo più “superficiale”, non la studia in dettaglio e non va a fondo; si sofferma soprattutto sull’apparenza esterna mentre in “Uno,nessuno e centomila” arriva a concepire un’opera legata alla psicologia del personaggio e ai dissidi presenti nella vita di ogni uomo. A parer mio essendo “Il fu Mattia Pascal” uno dei primi romanzi di Pirandello è un libro più legato al particolare, infatti la vicenda riportata riguarda principalmente il personaggio di Mattia Pascal. “Uno,nessuno e centomila” invece, pubblicato nell’ultima fase della sua vita da scrittore, è un romanzo più complesso e articolato in cui è possibile notare la capacità dell’autore di trattare di fatti universali attraverso il caso particolare di Vitangelo Moscarda. 

Giovanni Cione, IV SA

14 commenti:

  1. "Il fu Mattia Pascal" è una delle opere più conosciute e più amate di Luigi Pirandello, quella che gli permetterà di raggiungere la fama mondiale.
    In Italia fu oggetto di critiche e scarsa attenzione, ma tutt'ora è considerato un classico della letteratura.
    Il protagonista del romanzo Mattia Pascal, è un antieroe moderno che per fuggire alla sorte che il destino gli ha affidato, approfitta di un malinteso per crearsi una nuova occasione, una nuova vita. Si tratta di un ragazzo diventato uomo troppo in fretta che non riesce a trovare nella società un suo posto definitivo; dopo essere morto una volta il suo problema parrebbe risolto, ma ben presto dovrà accorgersi che la soluzione trovata sarà destinata al fallimento.
    Così, nel corso della narrazione si assiste allo smarrimento di Mattia/Adriano che diventa sempre meno reale, meno vero, e ogni sua certezza viene sgretolata, fino a una totale perdita di identità che coincide con il suo ritorno in biblioteca dopo essere morto per ben due volte. Il protagonista molto spesso cerca di giustificarsi e di porre come verità il suo punto di vista, anche se talvolta non coincide con la realtà dei fatti: il suo intento era di auto-convincersi che gli avvenimenti si susseguivano indipendentemente da lui.
    Qui emerge la sua particolarità, che nel corso della sua vita non riuscirà mai a far maturare. All'inizio del racconto, la sua identità è come per lui una trappola, da cui cerca di uscire prepotentemente, con vani risultati, schiacciato dalla società a cui non riesce mai ad assimilarsi.
    Grazie all'umorismo di Pirandello, la drammaticità dei pensieri di Mattia è fonte di un sorriso amaro che però non nasconde la sua inquietudine: dominato dal caos si rende conto che non riuscirà mai a trovare risposte alle sue angosce esistenziali.
    La sua difficoltà nel trovare la propria identità mi hanno fatto riflettere; ho trovato il protagonista un uomo singolare e all'inizio piuttosto incomprensibile: la sua capacità di sdoppiarsi nel proprio essere con così tanta facilità mi dava talvolta fastidio, come anche il suo raccontare i fatti sempre secondo il suo punto di vista.
    Tuttavia, con il susseguirsi delle pagine ho iniziato a intravedere il filo logico che collegava le due personalità, e da quel momento, ho guardato il libro da un'altra prospettiva; immedesimandomi nella storia il dramma esistenziale si sente più forte che mai, perchè il non saper dire chi veramente siamo induce ad assumere una posizione rassegnata di fronte a una vita dominata dal caso.

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  2. Mattia Pascal vive a Miragno un immaginario paese della Liguria, insieme alla sua famiglia. Quando con il fratello Roberto entra in possesso dell’eredità del padre, che in vita era riuscito ad accumulare denaro grazie al gioco d’azzardo, decide, insieme al resto della famiglia, di far amministrare la somma a Batta Malagna che, però, si rivela ben presto un disonesto. Mattia e Roberto, però non prestano la minima attenzione alla propria situazione economica sperperando i loro soldi senza ritegno e non controllando l’operato dell’uomo che stava controllando la loro ricchezza.La situazione peggiora quando Mattia compromette la nipote dello stesso Malagna mettendola incinta. Costretto a sposarla con un matrimonio forzato e senza soldi a causa della cattiva gestione dell’eredità paterna, è costretto a lavorare presso una biblioteca e a vivere con la moglie a casa dei suoceri. La vita in quella casa è terribile, soprattutto a causa della presenza di sua suocera, che non ha per niente stima di Mattia. La vita matrimoniale con la sua sposa è davvero un inferno e la perdita delle due figlie amplifica il distacco tra i due.
    Mattia Pascal cambia nome e si fa chiamare Adriano Meis. Comincia a viaggiare, poi decide di fermarsi a Roma a casa del signor Paleari, dove si innamora della figlia Adriana, che però è nel mirino del cognato Terenzio. Vorrebbe sposarla, ma la sua falsa identità non glielo consente, come non gli permette di denunciare Terenzio, perché lui non esiste.Allora finge di suicidarsi per riappropriarsi della sua vera identità. Torna al suo paese, ma dopo due anni nessuno lo riconosce: la moglie si è risposata e ha una bambina. Tornerà a chiudersi in biblioteca dove scriverà la sua storia, portando di tanto in tanto fiori sulla sua tomba.
    In questo romanzo Pirandello vuole raccontare la storia di Mattia Pascal per mostrarci la sua insaziabile volontà di cercare di ottenere di più rispetto a quello che possiede, non accontentandosi mai fino a quando non finisce per perdere tutto.
    Questo per farci capire come talvolta sia necessario accontentarsi ed essere contenti di quello che si ha.

    Klaus Klari 5Sa

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  3. Nel 1903 Luigi Pirandello pubblica una delle sue opere più famose: “il fu Mattia Pascal”, che racconta le vicende di un bibliotecario insoddisfatto dalla propria relazione coniugale e più in generale dalla vita stessa.
    È proprio per questo che Mattia Pascal decide di tentare la fortuna ai casinò di Montecarlo, dove riesce sorprendentemente a vincere una considerevole somma di denaro. In seguito il protagonista viene però a sapere del ritrovamento di un cadavere identificato dalla moglie come suo, e decide quindi di cominciare una nuova vita a Roma sotto il nome di Adriano Meis.
    Non tutto fila liscio però, dato che egli non ha documenti con sè e non può perciò sposare la figlia del locandiere da cui alloggia.
    Capisce allora di dover tornare a casa, e una volta reinserito nei panni di Mattia Pascal trova la moglie risposata con il suo migliore amico, da cui ha avuto una figlia.
    Il romanzo si conclude dunque col ritorno di Pascal alla vita da bibliotecario che aveva all’origine, senza che egli sia riuscito a cambiare la sua vita.
    Il romanzo, scritto in prima persona, permette al lettore di calarsi appieno nella vicenda e talvolta di mettere in dubbio le scelte del protagonista e lo rende perciò intrigante fin da subito.
    La scrittura è scorrevole ma di lessico elevato, invitando il lettore a divorare il libro ma anche a riflettere su determinati aspetti dell’opera, come il dualismo dell’essere umano tanto sottolineato da Pirandello nelle sue opere.
    -Testa Francesca, IV SA

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  4. Pubblicato nel 1904, “Il fu Mattia Pascal” costituisce il principale contributo di Luigi Pirandello alla letteratura italiana, oltre che uno dei più grandi romanzi della letteratura contemporanea.
    L’opera, impostata come un lungo flashback, segue le vicende del piccolo bibliotecario Mattia Pascal, condannato a sposare una donna non amata e a convivere con l’odiata suocera, che grazie ad una serie di fortunate coincidenze tenterà di costruirsi una nuova vita.
    Il personaggio di Mattia appare come una figura grottesca nel tentativo di compiere un’impresa impossibile quale cambiare il proprio destino, inevitabilmente condannata alla disfatta finale. Pirandello dimostra così al lettore come sia impossibile vivere al di fuori delle regole sociali, dalle quali la nostra esistenza risulta completamente assorbita e determinata.
    Particolarmente significativo risulta il passaggio dedicato alla “lanterninosofia”, nel quale il padrone di casa di Mattia, Anselmo Paleari, espone la sua teoria sull’esistenza umana secondo la quale ognuno ricopre il ruolo di una lanterna in grado di illuminare la realtà circostante. In un contesto simile, le ideologie e le religioni costituiscono lumini più grandi, in grado di offrire la luce alle persone perse nel buio.
    Scorrevole, a tratti quasi avvincente, “Il fu Mattia Pascal” si dimostra un libro di grande potenza, in particolar modo nell’intenso finale, che chiude il libro con la figura del protagonista che porta i fiori sulla propria tomba. La lettura si è rivelata molto piacevole e gratificante; consiglio il libro a tutti.
    Alberto Barbirato

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  5. Il romanzo, come ci anticipa già il titolo stesso, ruota interamente attorno al tema, fondamentale in Pirandello, dell'identità individuale: quella di Mattia Pascal e del suo alter ego, Adriano Meis; scritto in prima persona, è infatti il racconto da parte del protagonista della propria vita e delle vicende che l'hanno portato ad essere il "fu" di se stesso.
    Dopo la morte del padre la madre decise di dare in gestione l'eredità a Batta Malagna, uomo poco onesto che derubava la famiglia appena possibile.
    Mattia dopo aver messo incinta la nipote del Malagna viene obbligato a sposarla e inizia a lavorare come bibliotecario.
    A differenza di "Uno, nessuno e centomila", in cui Vitangelo Moscarda progetta la sua morte civile a causa della imminente pazzia, in questa storia Mattia Pascal riesce ad "evadere" dalla realtà quotidiana, spesso deludente, grazie a un errore durante l'identificazione di un presunto suicidio a Miragno del protagonista, che era invece andato a Montecarlo cercando di arricchirsi e riuscendoci.
    Sfruttando l'occasione si crea una nuova vita, chiamandosi Adriano Meis, ma non senza problemi.
    Inscena il suicidio del suo alter ego e una volta rientrato a casa, smentendo le notizie sulla sua morte a Miragno, trova la moglie sposata con un amico di vecchia data, Pomino, e inoltre i due hanno avuto una figlia.
    L'unica cosa tornata come prima è il suo lavoro di bibliotecario.
    Il libro è molto interessante e rispecchia la poetica tipica di Pirandello che si basa sulle maschere, sulle molteplici identità (Uno, nessuno e centomila) e sulla sfortuna degli esseri umani di avere coscienza della propria vita.



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  6. Nonostante il libro presenti un lessico elevato e sia lento a tratti, la storia è avvincente e originale.Una delle cose che ho particolarmente apprezzato all' interno del romanzo è la presenza della teoria filosofica della "lanterninosofia", introdotta da Anselmo Paleari, che ho trovato molto interessante. Secondo questa teoria gli uomini avrebbero la possibilità di conoscere solo una parte di ciò che li circonda, poiché sono dotati di un lanternino che genera poca luce e che quindi non gli permette di avere una conoscenza completa della realtà: il mondo così come appare è soltanto un’illusione, generata dalla luce del lanternino che tende a tramutare la natura di ciò che ci circonda.


    Alessandro Accornero V SA


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  7. “Il fu Mattia Pascal”, capolavoro del Pirandello e pietra miliare della letteratura italiana novecentesca, è un’opera audace che segna l’esordio letterale dell’autore su scala internazionale. Misterioso e profondo, immerso quasi totalmente nella dimensione interiore del protagonista opera un’indagine quasi psicoanalitica sulla frivolezza della volontà e dell’identità umana. Quest’ultimo, infatti, cerca di svincolarsi da se stesso, in maniera tale da eludere qualsiasi norma o responsabilità sociale risorgendo come un uomo diverso, puro, incontaminato. Mattia Pascal: è questo il nome “dell’eroe”; che già offre alcune indicazioni sulla piega che andrà a prendere la vicenda. Mattia sta ad indicare il matto, la follia, unica arma e rifugio a disposizione del singolo in grado di fargli recuperare la salute e la verità. Pascal è un riferimento a Blaise Pascal: teologo e filosofo seicentesco, celebre per il distacco rispetto ai suoi coetanei nell’approccio con cui indagò “l’interiorità” (espirit de finesse) .Il caso Pascal è determinato da due eventi concomitanti ed entrambi di natura straordinaria: una vincita strepitosa alla roulette di Montecarlo(tappa intermedia nel suo viaggio verso l’America, intrapreso in seguito a numerose liti famigliari), e il suicidio di uno sconosciuto in cui la moglie e la suocera riconoscono, con probabile malafede, il congiunto .Il protagonista fa propria questa morte nella prospettiva di poter incarnare un altro io, di diventare alieno a se stesso per riedificarsi, operare una metamorfosi per essere libero. È un’impresa colossale che Pascal intraprende senza valutarne le conseguenze, ignaro del fatto che vada oltre qualsiasi possibile capacità umana e inevitabilmente destinata a fallire. Queste sete avida di libertà, però, lo ammalia rendendolo schiavo, incatenato, perché ad una morte anagrafica corrisponde anche una morte storica. Lui, infatti, una volta presa coscientemente la decisione di annichilirsi, diventa nessuno, e come tale è spogliato di qualsiasi diritto, diventa spettro costretto a vagare, escluso .La reincarnazione avviene nei panni di Adriano Meis, sulla cui base costruisce tutta una serie di dietrologie in modo da renderne credibile l’esistenza. Va ad abitare a Roma, ospite del funzionario Anselmo Paleari, dove in seguito a numerose vicende decide di sottoporsi ad un intervento all’occhio(non è da escludersi la possibilità che l’occhio strabico non rappresenti la capacità di Pascal di avere uno sguardo diverso, sbieco sul mondo) il che lo costringe a 40 giorni di quarantena e a una conseguente esasperazione dell’isolamento precedentemente provato. La situazione per lui diventa ormai insostenibile, il fardello del quale si è inconsciamente fatto carico lo sta schiacciando in maniera sempre più atroce ed oppressiva, bisogna liberarsene. L’unico rimedio a lui disponibile è il sublime sollievo della morte, ed è in questa prospettiva che sceglie di assassinare la propria creatura, Adriano Meis, riappropriandosi non senza vergogna del suo precedente io e tornando a Miragno, laddove tutto è cominciato.

    Andrei Zarau VSA

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  8. Il romanzo affronta il tema dell'identità e della "maschera",ambedue presenti nell'altro grande romanzo di Pirandello "Uno,Nessuno,Centomila".Mattia ,apparentemente aiutato dal fato, sbaglia a non denunciare quella che possiamo definire la sua prima morte ma, se vogliamo trovare il punto in cui tutto è cambiato, dobbiamo tornare all'episodio delle 500 lire. Infatti, se quei soldi fossero stati usati per il funerale, tutte le presunte morti non ci sarebbero state. Subentra quindi il tema del destino nelle vicende del protagonista, il quale non è accusabile di aver sbagliato le varie scelte, bensì è condannabile per non essere stato lungimirante. Mattia sapeva certamente che la fittizia identità lo avrebbe portato a vivere peggio di quanto facesse prima ma, nonostante ciò, ha accettato il compromesso. Dalla vicenda del protagonista si potrebbe trarre una tesi sull'uomo: il non accontentarsi mai di ciò che si ha (e di quello che si è). Mattia ha sempre cercato di essere in una condizione migliore durante il libro ma alla fine tutto questo piano si è rivelato vano. In questo senso, il classico di Pirandello è universale, dal momento che tutti gli uomini sono sempre attratti da qualcosa di più affascinante rispetto a quello che si possiede o si è.

    Formiglio Lorenzo VSA

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  9. Il fu Mattia Pascal, a mio parere, ha una delle storie più assurde e belle dell’intero panorama letterario novecentesco. Il modo in cui si susseguono i fatti è estremamente coerente e realistico. Dunque si tratta di una storia assurda ma realistica alla stesso tempo, il che già basterebbe per descrivere questo romanzo, ma c’è dell’altro. Pirandello, come anche in uno, nessuno e centomila, indaga, anche se più velatamente questa volta, il tema dell’identità sviscerandolo attraverso i comportamenti, a volte imprevisti, del protagonista. Verso il finale del libro incomincia a emergere la vera natura dell’identità e cioè le proprie radici. Un uomo senza radici, interpretato dal Mattia Pascal errante nelle varie tappe europee, è un uomo perso nella società odierna, un morto per la vita ma vivo per la morte. Non c’è vita senza identità, si diventa delle ombre che nel mondo potranno vivere solo in modo passivo.
    Denis marino V SA

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  10. Nelle opere di Luigi Pirandello, scrittore italiano, è possibile cogliere delle differenze tra la vita e tutte le maschere che, volontariamente o meno, si indossano in base alle diverse situazioni e in base alle persone con cui si interagisce.
    Sia Vitangelo Moscarda, protagonista di Uno, nessuno e centomila, sia Mattia Pascal, protagonista del romanzo Il fu Mattia Pascal, ritengono che il rapporto individuo-società sia la questione di fondo sulla quale soffermarsi e porsi un numero interminabile di domande. Il Moscarda, consapevolmente, rinuncia addirittura alla sua identità personale, per assumere un’identità collettiva semplice, quella della Natura.
    Per Vitangelo tutto comincia quando la moglie, per caso, afferma che il naso del marito pende leggermente verso destra, così lui, agitato e incuriosito, inizia a rendersi conto di essersi sempre visto solo attraverso il proprio punto di vista, non considerando ciò che gli altri osservavano in lui. Inoltre gli altri lo vedevano ciascuno a modo proprio, e così lui aveva tutto d’un tratto una molteplicità di personalità diverse, tante quante erano le persone che lo osservavano, ma allo stesso tempo lui era un’unica persona, dunque, infine, non era nessuno.
    Ciò che è più strabiliante per il lettore è la decisione radicale di abbandono e di rifiuto per ogni bene materiale posseduto dal Moscarda per andare a vivere in un ospizio di mendicità, insieme ai mendicanti e ai bisognosi, e tutto è iniziato nel momento in cui, un giorno, la moglie gli
    chiese: “Che fai?” “Credevo ti guardassi da che parte ti pende.”(il naso).
    Questo fa molto riflettere: davvero nessuno ci vede come noi stessi ci osserviamo davanti ad uno specchio o davanti alla nostra immagine riflessa da qualche parte? Davvero ognuno ci vede con i propri occhi? Quindi alla fine veramente noi siamo centomila contenuti nell’io, nell’uno.
    Quindi alla fine noi siamo veramente Uno, nessuno e centomila!
    Sicuramente è capitato a molti di, camminando per le vie della città, osservare le vetrine ma, invece di guardare ciò che c’è dentro, cercare il nostro riflesso per vederci e forse anche per capire come gli altri ci vedono in quel momento.
    Quindi, forse, Moscarda non era l’unico a desiderare uno specchio sempre vicino per esaminarsi in ogni circostanza e per capire come gli altri lo osservavano. Così, noi come lui, speriamo sempre di vedere il nostro riflesso per scorgere almeno per un istante uno di quei centomila.
    Anche Mattia Pascal trova difficile il rapporto con la propria identità perché a causa di un errore, legge sul giornale la notizia della sua morte. Questo inizialmente gli sembra positivo, non essendo veramente soddisfatto della sua vita precedente, sente di avere l’opportunità di crearsene una nuova, iniziare da zero e poter vivere come più preferisce. Capisce però che tutto così positivo come pensava non è, non ha un passato nè un presente, non ha un nome; così deve inventare tutto. Dice di chiamarsi Adriano Meis, si crea una storia. Ma, realmente, non è nessuno non può sposarsi e non può nemmeno comprarsi un cane. Non è libero. Quella che stava vivendo non era una vera vita, non era una vita libera e felice. Così spera di poter tornare alla sua vita di prima, ma è impossibile, molte cose sono cambiate e non può tornare alla veridicità e alla purezza iniziali.
    Mattia, a differenza del Moscarda, non è in grado di lavorare sulla propria interiorità, fugge dalla realtà nella ricerca di un “qualcos’altro” che, però, non esiste.
    Mattia, come il Moscarda, ha un rapporto difficile con lo specchio, il primo perché ha difficoltà ad identificarsi con se stesso, il secondo perché riesce a percepirsi con i soli occhi suo e non con i centomila sguardi delle altre persone.
    In entrambe le opere di Pirandello sopracitate si può sottolineare un difficile rapporto tra la persona e la propria interiorità, per entrambi i protagonisti la vita è difficile perché sentono il bisogno di dover cambiare qualcosa per potersi accettare per come veramente sono, e non nascondersi più dietro innumerevoli maschere.

    Pavarino Elena

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  11. Ne “Il fu Mattia Pascal” Pirandello inizia ad affrontare il tema dell'”identità”, che verrà indagato più a fondo in “Uno, nessuno e centomila”: il protagonista, infelice della propria vita, coglie l'occasione della sua presunta morte per cambiare identità, “rinnovarsi”e cercare di essere felice. Si allontana perciò da casa sua, credendo erroneamente che sarebbe potuto vivere serenamente lontano dalla città che ha nel cuore.
    La nuova identità di Mattia Pascal, Adriano Meis, anziché procurare gioia non gli causa altro che insoddisfazione e tristezza, siccome nessuno può essere pienamente felice se non è se stesso. Attraverso la sofferenza il protagonista ritrova la sua vera identità, tornando ad essere Mattia Pascal e facendo ritorno al suo paese di origine.
    Pirandello vuole fare capire al lettore che non si può essere felici se si vive la vita di qualcun altro come molti fanno attraverso i social: l'onestà verso noi stessi e la nostra stessa persona è ciò che deve venire prima di tutto e solo così si può cercare di mgliorare la propria condizione.
    Lo stratagemma a cui l'autore ricorre per scrivere la vicenda, ovvero facendola narrare dal protagonista come se fosse un flashback, rende molto scorrevole e piacevole la lettura.

    Viarengo Matteo V SA

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  12. Lo scopo del romanzo è mettere in evidenza gli stereotipi e gli schemi che ci vengono imposti dalla società, rappresentati nel pensiero di Pirandello dall’immagine delle maschere che ognuno di noi indossa a seconda delle situazioni in cui si trova. Come ne “Il fu Mattia Pascal”, il tema principale è quello della ricerca della propria identità. Per fare ciò, Pirandello utilizza la tecnica del monologo, sia con Mattia/Adriano sia con Vitangelo, indagando la natura dei due personaggi.

    Il narratore della vicenda coincide con il protagonista, Vitangelo, e, perciò, la narrazione viene effettuata in prima persona.
    Il linguaggio adottato appartiene ad un registro medio ma si possono riscontrare sia espressioni appartenenti ad un linguaggio popolare sia termini abbastanza ricercati.
    Quest' opera di Pirandello mi è particolarmente piaciuta riguardo il suo contenuto e sulla grande originalità della storia. Tuttavia avrei preferito una sintassi più scorrevole in grado di offrire al lettore una maggiore comprensione.
    Tommaso Albertazzi

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  13. Il tema che viene portato é nuovamente quello delle maschere, comune in Pirandello, bensì con un'altra sfumatura. Mattia Pascal indossa numerose maschere che non gli appartengono, é schiavo della sua esistenza e disorientato in una realtà atipica di un uomo che per sfuggire a problemi e crisi tenta di sfruttare un'occasione che gli si presenta. Tutto ciò però é irrealizzabile perché l'uomo per natura non può essere quello che non é; Pascal lo capirà solo dopo averlo provato ma tornare indietro é impossibile. Per questo l'opera si chiude con la solitudine di Pascal, che si reca sulla "sua tomba", che in realtà appartiene a una persona sconosciuta, a pregare ciò che è stato. Tutto il racconto é narrato in prima persona come é anche per "Uno, nessuno e centomila" allo scopo di impregnare ancora più di significato l'intero libro. Inoltre con questo espediente l'autore aggiunge una dose di umorismo per sdrammatizzare ma anche per attirare più l'attenzione del lettore. Ho trovato questo libro più leggero e scorrevole rispetto a "Uno, nessuno e centomila" anche perché la storia ha una vena di umorismo che sprona e attira il lettore a proseguire nella lettura e appunto la rende più leggera nonostante il tema abbia una nuovamente certa importanza.
    Giacomo Bolognesi

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  14. Pirandello riesce a descrivere tutte le possibili sfaccettature di una libertà completa acquisita in maniera fortunosa. Ovviamente, come ogni cosa nei sogni e nelle illusioni dell'uomo, la realtà è ben diversa da ciò che ci si può aspettare. Ecco quindi che quello che sembrava un colpo di fortuna, la luce in fondo a un tunnel fatto di disgrazie e debiti, si tramuta in un'ombra. Pirandello, attraverso l'egocentrismo del protagonista, ormai incapace di distinguere tra vendetta e reali bisogni, conclude una storia in cui, alla fine, l'accettazione di un'esistenza miserabile (e misera) è pur sempre migliore di un'esistenza vissuta alla luce della menzogna, dove l'impossibilità di relazionarsi con il prossimo assume i tratti di una morte vera e propria.

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