Pasolini è sempre stato un personaggio controverso, un uomo di profonda cultura, ma segnato da una vita movimentata e da espedienti che l’hanno portato a essere soggetto a molte critiche.
Ragazzi di vita nasce dalla profonda ammirazione che Pasolini ha per la piccola società di sottoproletariato urbano che esisteva negli anni ‘50 a Roma.
Il libro, che è un insieme di racconti frammentati che trovano luogo in questo contesto, a primo impatto appare primitivo e grezzo, a causa dell’ uso di un gergo piuttosto scurrile e di un dialetto romano misto alla lingua italiana; ma proprio questo aspetto permette di capire fino in fondo questa società del secondo dopoguerra, ormai scomparsa: le scorribande notturne e le disavventure di questi ragazzi riportano alla concezione di una vita genuina, destinata però a essere disintegrata dal capitalismo. Il personaggio soprannominato “il Riccetto”, non compare come protagonista in tutti i capitoli, ma rimane la figura di spicco del libro, a causa della sua crescita interiore che lo porterà a rispettare i canoni della piccola borghesia e che allo stesso momento rispecchia i passi che stava compiendo la società in quel periodo,per nulla positivi: attraverso, quindi, le follie di un ragazzetto, Pasolini fa riflettere su temi mai trattati nella letteratura; con partecipazione e commozione viene descritta questa feroce violenza presente in una Roma piena di contraddizioni e di realtà diametralmente opposte, di ragazzi che con la loro folle spensieratezza affrontano le miserie giornaliere. Questa cruda realtà mi ha trasmesso una certa malinconia e mi ha fatto riflettere su una società dimenticata nella società con una morale che si scontra con la miseria di quei contesti.
Non l’ho trovata una lettura facile, e la causa la trovo nella struttura del libro che non segue una trama narrativa,ma soprattutto per quel senso di dispersione che ti perseguita per tutta la storia, paragonabile all’impossibilità di vedere la luce dell’orizzonte.
Irene Zanirato V SA
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